martedì 5 giugno 2012

Marx, scienza, rivoluzioni



Quasi a mo' di compendio dei discorsi sull'importanza di Marx e del marxismo sin qui affrontati propongo la lettura di questo breve saggio (Marx_e_Kuhn: la struttura delle rivoluzioni scientifiche) che, senza pretese da parte mia, mi sembra una naturale estensione di alcuni miei post. Non perché abbia la presunzione di pormi allo stesso vertice, mi ritengo un semplice divulgatore, ma perché vi ho ritrovato interessanti riferimenti.

I primi paragrafi del saggio paiono un po’ complessi per le citazioni di argomenti abbastanza tecnici e teoretici: teoria della conoscenza, filosofia della scienza ecc.. In realtà e per fortuna non occorre soffermarcisi. Lo scritto è così chiaro e trattato in modo tanto semplice, non banale e superficiale che è altra cosa, che le difficoltà si riescono a superare tranquillamente. Starà eventualmente all’interesse e alla curiosità di ognuno cercare maggiori ragguagli, se per caso cozza con questioni con cui si ha poca dimestichezza.

In alcuni punti emerge in modo particolarmente chiaro l’aggancio con alcuni concetti che è possibile leggere in modo sparso nelle considerazioni fatte sino ad ora. La citazione che segue potrebbe essere benissimo riportata per esempio in  Premesse a successive considerazioni oppure in Ragionando sulla scienza politica.
Prendendo spunto da questa citazione (tratta dal saggio suddetto) aggiungerò ancora alcuni pensieri a ciò che sino a qua è stato detto


http://www.criticamente.com/
Come si sa Leonardo si occupò di tutto, “inventò” tutto, dal carro armato all’elicottero. Eppure, nella misura in cui le trovate di Leonardo non rappresentavano un certo grado di sviluppo della società ma solo alcune straordinarie trovate di un genio, esse sono state quasi tutte inutili ai suoi contemporanei. E oggi possiamo affermare che arricchiscono l’umanità più le opere d’arte di Leonardo che non una serie di schizzi buoni forse per costruire modellini e inutili sin dalla loro concezione, proprio come ora i libri di fantascienza non aiutano in nessun modo un fisico a costruire un’astronave o una macchina del tempo.

Alcuni o molti (?) sono convinti che le scoperte (o le invenzioni) siano del tutto casuali, anche sociologi del calibro di un Raymond Boudon [si veda p. es. “Il posto del disordine”]. In realtà parlare di casualità è del tutto relativo e fuorviante. Sarà banale come esempio, ma non più di tanto, prendere come riferimento la medicina, ma quanti cadaveri sono stati sezionati e quanti esperimenti del tutto pratici sono stati eseguiti per capire il funzionamento del sistema nervoso e per ripararne certi danni? Sicuro ad un certo punto qualcuno ha pensato di sostituire artificialmente alcuni neurotrasmettitori, ma sarebbe stato pensabile cento anni fa?

Mi si potrebbe rispondere d'altro canto che la scoperta della ruota è stata casuale. Ma mi chiedo in che senso lo sia stato e perché ciò sia avvenuto ad un certo punto della storia. E a conforto di quanto citato da Lorenzo Esposito faccio notare che la stessa ha avuto un utilizzo pratico in un certo sistema economico e sociale e non tra le civiltà precolombiane, che ne avevano comunque conoscenza e cognizione tant’è che è stata ritrovata in alcuni giocattoli.

Aggiungerei ancora, a commento dell’articolo di Lorenzo Esposito, che la scienza borghese non è tutto e solo il prodotto della cultura borghese, tant’è che il marxismo, come altre forme di analisi e di spaccatura col sistema, hanno contribuito a gettare le basi dell’attuale “cognizione del mondo”. Il fatto che operi la cosiddetta “sussunzione reale” anche nei confronti dei saperi è tutt’altra questione e occorrerebbe uno spazio a parte per parlarne.
Altra citazione interessante a conforto di alcune mie affermazioni che pone in rilievo l'importanza dell'intreccio tra scienza e capitalismo si trova in questo passo

Il capitalismo invece ha creato un rapporto organico, permanente tra scienza e processo produttivo. Un rapporto sostanzialmente di subordinazione della scienza all’economia ma comunque fecondo. Gli scienziati sono dei professionisti, la scienza è un mestiere, come anche l’arte. Nell’arte come nella scienza vi è un canale già pronto che stimola, raccoglie e sfrutta l’inventiva umana. Ovviamente, i fisici, gli economisti, come i cantanti e gli attori, devono suonare una musica che non faccia dispiacere (per usare un eufemismo) ai rispettivi produttori. Tuttavia, tanto nell’arte come nella scienza vi è un ampio ventaglio di opinioni e i produttori più intelligenti sanno servirsi dei propri “artisti” più dotati anche quando sono dei ribelli. Il tutto certamente entro limiti prudenti: anche il guinzaglio più lungo a un certo punto si tende.

E' importante rilevare come non sia il capitalismo in sé a creare sviluppo scientifico, ma come, invece, se ne serva per il proprio sviluppo economico sostituendo una vera evoluzione scientifica, capace di sollevare l'umanità intera dalla fatica, al tecnicismo e al puro e brutale progresso industriale. Da tale considerazione emerge, inoltre, il rapporto dialettico esistente storicamente nelle trame del processo di evoluzione umana che evidentemente non ha come punto d'arrivo l'attuale sistema sociale democratico borghese. E non ci sarebbe bisogno di sottolineare che il maggior progresso economico del sistema borghese e capitalistico è ad appannaggio delle classi dominanti e limitato a paesi che per conservare il benessere raggiunto affamano centinaia di milioni di persone sempre più spinte ai margini della povertà.

Concludo con una personale divagazione coerente col breve saggio proposto sottolineando il relativismo di certe affermazioni che a prima vista parrebbero perentorie.
Robertson osserva che “(…) non c’è dubbio che McLuhan riflettesse e contemporaneamente plasmasse le tendenze dei media, tanto più che in seguito abbiamo assistito agli interessati tentativi dei media stessi a consolidare l’idea di comunità globale” [citato in - Globalizzazione, teoria sociale e cultura globale – Asterios 1999]. Il ragionamento che mi sono ritrovato a fare in diverse occasioni è analogo: la condizione attuale del mondo è il prodotto di diverse realtà che si intersecano e non è possibile attribuire quanto un ben preciso evento abbia cambiato il corso della storia. Alcuni marxisti un po' pigri dovrebbero riflettere sul fatto che le cose sono quelle che sono perché sono esistiti Marx e il marxismo. E non credo di sbagliare se affermo che è questo concetto che emerge dal saggio di Lorenzo Esposito.

Se il marxismo non ha trionfato e ha prevalso il modo di produzione capitalistico, non significa che il sistema nel suo complesso non sia diverso da quel che sarebbe stato se il marxismo non fosse esistito. Ovviamente il ragionamento si può estendere anche alla questione di Freud e della psicoanalisi. Freud ha dissacrato la verginità (metafora che uso coscientemente) del sistema culturale a lui contemporaneo sconvolgendo il paradigma della falsa morale borghese. Se ciò non fosse accaduto le scienze umane, e di conseguenza gli schemi culturali, morali ecc. sarebbero diversi, ergo la scienza borghese oggi sarebbe diversa.
Ritengo che questo sia il motivo per cui non tutta la scienza borghese è “borghese” (permettetemi il gioco di parole).

Vi sono dunque elementi in questa che non sono manifestazione della cultura borghese pur dovendone riconoscere la loro derivazione, ma ciò è vero anche per tutti gli altri fenomeni antisistemici. Inoltre l’analogia tra marxismo e psicoanalisi è più che casuale per la ragione che ambedue si propongono come metodo di analisi della realtà, anche se chiaramente su piani diversi. Vorrei, inoltre, far notare, che i cambiamenti prodotti nella storia non dipendono essenzialmente dalla singola personalità, ma da una complessa trama di relazioni e dipendenze che hanno un esito collettivo.

La teoria della libido è stata messa in discussione da tempo e la stessa psicoanalisi ha oggi caratteristiche ben diverse da quelle edificate dal suo autore. Lo stesso Fromm aveva abbandonato le concezioni freudiane della libido modificando notevolmente le basi dello studio psicoanalitico. I motivi per i quali la teoria originaria non è più utilizzata quale era sono molteplici. In prima istanza è che le ricerche successive non hanno dimostrato la validità empirica della concezione freudiana.
Se si risale all’indietro, in ogni caso, la teoria della libido era in realtà già stata messa in crisi al suo nascere da vari autori. A titolo esemplificativo riporto alcune osservazioni.
“(…) se si traduce il termine “libido” con la nozione molto generale e molto vaga che implica la parola “amore”, e se si maneggiano abilmente questi due nomi, dando loro una sufficiente estensione, si può riuscire non dico a spiegare, ma a descrivere in virtù di manipolazioni verbali, tutto quanto avviene e si crea nel cosmo come se fosse di natura libidinosa. (…) mentre in realtà non si ritrova (…) che quanto vi si era messo precedentemente”  [Alfred Adler – Il temperamento nervoso – Astrolabio 1950 pag. 13]
Chiaramente le teorie non sono altro che teorie e alla fine devono trovare un fondamento scientifico. Per proseguire nell’esempio, riporto un'altra citazione: “(…) gli riferii un caso che non mi sembrava particolarmente adleriano, ma che egli non trovò difficoltà ad analizzare nei termini della sua teoria dei sentimenti di inferiorità (…) un po’ sconcertato, gli chiesi come poteva essere così sicuro. – A causa della mia esperienza di mille casi simili – egli rispose; al che non potei trattenermi dal commentare – E con quest’ultimo, suppongo, la sua esperienza vanta milleuno casi“ – L’aneddoto riguarda una conversazione tra Adler e Karl Popper ed è narrato dallo stesso Popper. [Citato in Kanizsa, Legrenzi, Sonino - Pensiero Percezione Linguaggio - Il Mulino 1983 pag. 320]
L’osservazione di Popper è ovviamente sensata e poggia su quella che verrà definita dallo stesso Popper teoria falsificazionista. Intende mostrare che per costruire una teoria scientifica non è sufficiente andare alla ricerca delle conferme di ciò che si ritiene vero, ma occorre cercarne i casi che la falsificano. E’ divertente rilevare che lo stesso paradigma falsificazionista popperiano è attualmente criticato sul piano epistemologico e che allo stesso Popper tocca la sorte degli altri studiosi.

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