lunedì 28 maggio 2012

Ho accennato in modo sparso in alcuni articoli precedenti (per esempio in Premesse a sucessive considerazioni.) ad alcune determinazioni storiche che, a mio avviso, hanno portato all'attuale fase del sistema capitalistico1.Nell'articolo che segue mi soffermerò su alcuni approfondimenti relativi al cambiamento culturale prodotto dall'imporsi della morale borghese in alcuni aspetti sociali.

"Da quando [il denaro] è diventato l’equivalente generale supremo (ciò a cui tutto fa capo e in cui tutto si riassume) favorendo lo scambio generalizzato delle merci (e di ogni servizio o anche di ogni condotta umana suscettibile di essere quantificata, cioè di prendere la forma di una merce) e svolgendo un ruolo essenziale nei processi di distinzione e di gerarchia, esso si insinua nei pori della società e le imprime il suo stile." [“Il denaro sacro feticcio” E. Enriquez]

Uno dei processi che ha permesso la sacralizzazione del denaro può essere individuata nel fenomeno definito di secolarizzazione della società. Il passaggio del monopolio della verità e della divinità da parte della religione e dalla sua supremazia, se non sulla società sull’uomo, alla società cosiddetta laica, dunque borghese.
Con il passaggio dal feudalesimo alla modernità inizia quell’accelerazione degli scambi che determina una maggiore interdipendenza economica tra gli individui e si avvia sotto il profilo sociale e culturale il processo di secolarizzazione della società.

Maggiore numero di rapporti, stessa o maggiore quantità di lavoro in un periodo più breve divengono caratteristiche peculiari del nuovo sistema. Concorrenza, status sociale e altri fattori spingono a favorire l’attività (plus-lavoro) anche senza costrizione fisica, è il lavoro senza minaccia fisica che dà il via all’appropriazione ed espropriazione delle risorse altrui da impiegare nell’accumulazione e nel reinvestimento per mantenere gli impieghi e riprodurre l’attività.
Pur se in modo molto impreciso potremmo dire che per gran parte del XIX secolo il disprezzo della chiesa per il nuovo, per il mutamento, per il progresso in genere è teso a mantenere viva l’autorità e la grandezza dell’antichità (il primato degli antichi), simbolo mito di un’epoca di luce, espressione e manifestazione di un’ispirazione divina, che sovrasta il tempo presente, secolare, terreno.

La chiesa sacralizza il tempo, diviene in questo modo custode del tempo e dunque custode di ciò che quel tempo rappresenta di buono secondo la propria morale. Con la venuta del Cristo il millennio diviene attesa della redenzione, il tempo vissuto ha significato solo in virtù della sottomissione al disegno divino essendo il tempo la rappresentazione del sacro. [cfr. Kumar, Krishan - Le nuove teorie del mondo contemporaneo: dalla società post-industriale alla società post-moderna - G. Einaudi – 2000]
L’ottocento nonostante tutto conserva la distinzione tra modernità e critica alla modernità. Il culturale e l’economico sono ancora percepiti come separati. Dimensione culturale, sociale, economica sono strutture che seguono logiche diverse mentre nell’epoca attuale del “tardo capitalismo”2 - per usare l’espressione di Ernest Mandel - cultura, economia, società si fondono. Cultura e commercio si compenetrano, l’uno alimenta l’altra.

La mercificazione della cultura non è che un aspetto. Va rilevato che la cultura non è soltanto oggetto ma al tempo stesso diviene soggetto del processo di accumulazione. Se da un lato gli eventi artistici (per esempio i concerti) sono oggetto di big business dall’altro lato l’industria diventa culturale (per esempio l’istruzione: le enciclopedie nella versione informatica possono essere considerate un caso emblematico ancor più della forma cartacea), la pubblicità metaforicamente può rappresentare bene questa logica: cultura e prodotto sono due parti non scomponibili. Il prodotto si trasforma in stile di vita, l’immaterialità del prodotto è trasformata in merce.

La cultura (o come suggeriscono alcuni la “s-cultura”) è essa stessa merce. Cultura ed economia divengono parti integranti l’una dell’altra. In questo caso i rapporti di produzione non sono più così spesso mediati da strumenti di produzione materiali come in passato. Da qui nasce la confusione della teoria del "Capitalismo cognitivo" come modo di produzione reale. In realtà affermare che è l’idea ad essere venduta è puramente retorico, ciò che produce profitto sono i mezzi di produzione con i quali l’idea diventa merce vendibile su di un mercato che funziona attraverso rapporti reali tra domanda e offerta.

Con il XX secolo si compie il processo di secolarizzazione. L’indistinguibilità tra culturale ed economico consente al paradigma borghese di prendere il sopravvento sulla religione e l’appropriazione del tempo sacro diviene prerogativa dell’utopia capitalistica e borghese. Il capitalismo scopre la possibilità di “vendere” la propria realizzazione terrena attraverso un’escatologia del proprio fine.
La tecnica e i progressi della scienza borghese cambiano, cambiando anche i criteri di valutazione della spazialità, la percezione del tempo umano. Riconfigurando le relazioni spaziali in termini di spostamento, di distanza, il tempo si modifica in funzione di quella stessa rete di comunicazioni e rapporti. Tutto ciò non si verifica in modo virtuale ma attraverso la materialità degli oggetti usati.

Gli oggetti della tecnica mutano la percezione reale delle sensazioni: condurre un’automobile permette di percepire il mondo circostante attraverso i finestrini come immagini che scorrono su uno schermo. La velocità non è più percepita con il senso del pericolo, diventa un gioco. [cfr. Paul Virilio - L'orizzonte negativo : saggio di dromoscopia - Costa & Nolan – 1986]
Maggiori sono le possibilità di movimento, minore diviene il tempo a disposizione. Si potrebbe dire che il tempo si contrae a mano a mano che lo spazio implode nel movimento. Quando lo spostamento è a velocità delle luce delle fibre ottiche annulla lo spazio e si moltiplicano all’infinito le possibilità di movimento: non abbiamo più tempo per fare niente. Tutto si riduce al periodo in cui quelle stesse possibilità vengono ridotte drasticamente, è anche il caso del lavoro. Divenendo il lavoro sempre più legato agli spostamenti spaziali si produce l’impressione di non essere riusciti a raggiungere tutti gli obiettivi e i compiti che ci si era fissati.

Il tempo è nuovamente sacralizzato e dunque il capitalismo crea la propria religione. I professionisti del libero mercato, gli esperti di tutte le specialità, sia finanziarie, sia economiche, sia dell’informazione e della comunicazione sono i santoni della nuova religione. Pastori di anime votate al consumo e alla produzione. I santuari sono le banche e i McDonald, le cattedrali sono TV dove tutte le sere si celebrano rituali a cui assistono miliardi di persone in tutto il mondo. La loro dottrina prevede principi, valori e dogmi. I principi sono spesso tratti dalle socio-tecniche che informano l’organizzazione aziendale.

I valori sono l’efficienza, la professionalità e l’etica meritocratica regola le norme precettive del nuovo idealismo kantiano, il mercato diventa un dogma. Questa religione è totalitaria e totalizzante. Per l’importanza economica che rivestono le multinazionali il nuovo fascismo del XXI secolo non è più il socialismo nazionalista, ma la “socializzazione multinazionale”. [cfr. Benjamin R. Barber - Cultura McWorld contro democrazia - Le Monde Diplomatique/Il Manifesto Settembre 1998]

1 Il termine capitalismo è sovente in ambito marxista utilizzato in senso improprio e fonte di ambiguità e imprecisioni. Propongo la lettura della relativa voce su Wikipedia che mi pare abbastanza chiara ed esauriente.
2 L'espressione (o definizione?) è stata ripresa da vari autori. Si veda p. es. Postmodernismo. Ovvero la logica culturale del tardo capitalismo di Fredric Jameson

Alcune riflessioni sulla Storia

  Avvertenza. Questo articolo può essere considerato a tutti gli effetti una lunga nota a quello precedente https://umanitapolitica.blogsp...