sabato 26 febbraio 2022

Eurialo, Niso e l'imbecillità

 

Viviamo in un’orrenda epoca in cui le guerre sembrano senza soluzione di continuità e ci si dimentica facilmente del passato anche più prossimo.

Succede in ogni cosa, ma proprio per tutto. Figuriamoci le “banalità”, come potrebbero essere le canzonette. Soltanto che non succede solo con le canzonette da ballare in spiaggia, che invecchiano nel giro di (quanto?) tre, quattro mesi? E questo magari non è un male. Ma succede anche con canzoni vere.

La questione è che tutto è moda. Tutto passa. Sembra che a passare non sia l’imbecillità che ormai dura da tanto tempo. Quella che sembra passata di moda è anche l’intelligenza. Si preferisce a questa la banalità e la superficialità.

Quel che non dovrebbe passare di moda è l’antifascismo, ma una marea di revisionismo storico tenta di in ogni modo di far passare anche questo come fosse una moda. Era di moda, ovviamente, quando c’era ancora il PCI o fino a quando qualcuno che ha vissuto sulla sua pelle il fascismo è ancora in vita.

Per quanto mi riguarda l’antifascismo e l’intelligenza esistono e queste non tramonteranno mai.

Non è mai banale e superficiale parlare di cose passate anche se molti non solo non le ricordano più (o fanno finta), ma non le conoscono affatto. Nella musica ascoltare “cose” intelligenti è troppo impegnativo. Meglio non stancarsi. Tant’è che, per fare un nome (niente di personale) Laura Pausini su Youtube ha più visualizzazioni di Bach (è noioso e fa parte di un altro periodo storico).

Allora siccome l’intelligenza e l’antifascismo non devono tramontare propongo l’ascolto di questa canzone:


https://www.youtube.com/watch?v=AXkCjXQvUZI


Ma prima di invitarvi all’ascolto permettetemi di fare una breve esposizione.

Perché i greci, o forse sarebbe meglio dire la cultura ellenistica, abbiano elevato il senso del tragico al sommo grado e a tanto nobile canto non è facile capire. Si può ipotizzare che il vivere fosse così doloroso che il cantarne l'essenza, cioè il tragico, potesse servire a blandire o esorcizzare le pene. Certamente la vita tra malattia, vecchiaia e morte prematura doveva essere soffocata dalla ricerca di qualche momento di felicità o di conforto. Se ci spostiamo di un migliaio di chilometri, all'incirca nella stessa epoca in cui Euripide scrive le sue tragedie, la storia ci parla di un personaggio più o meno leggendario, che risponde al nome di Budda, che cerca la soluzione per eliminare il dolore causato da vecchiaia, malattia e morte. Con le quattro nobili verità rivelatesi attraverso l'illuminazione ha origine una delle più grandi religioni della storia. Il senso del tragico in tal senso potrebbe essere connaturato all'uomo. Oggi la sofferenza dovuta alla fragilità e ai limiti naturali dell'uomo è sicuramente minore per una certa parte dell'umanità, ma riflettere su quei limiti può servire ancora all'uomo per dare risposte a molte cose (anche alla guerra). Personalmente definirei una necessità questo senso del tragico. E quel che manca oggi è probabilmente questa capacità di trovare nuove risposte attraverso di esso. 

Eurialo e Niso paiono sortire dalla mitologia greca arcaica, ma il realtà sono finzione virgiliana. Raccontano e rappresentano l'amicizia, quell'amicizia profonda che si trasforma in amore omosessuale. Possibilità avverantesi unicamente in un modo d'essere che non conosce ipocrisia. Per questo, forse, solo mito, rappresentazione di ciò che utopisticamente si anela. Lo splendore dell'elmo sottratto da Eurialo in un campo nemico (nell’Eneide) che costerà la morte ai due amici, si muta, nel poetico testo di Massimo Bubola, in un'aquila reale presa come trofeo dal mantello di un nazista eliminato dai due partigiani. 

L'amore sensuale del poema virgiliano resta “non detto”, ma il furore eroico che spinge Niso a uscire allo scoperto, nel testo di Bubola, per vendicare la morte dell'amico è quasi rivelatore.

Eurialo e Niso di Massimo Bubola è una ballata triste e dolce, che suscita emozioni forti, difficili da trattenere per le persone assennate. “Però non sono morti invano” è l'affermazione che vien voglia di sussurrare alla fine. Un Bubola gigante della canzone italiana: come sempre. A me l'interpretazione dei Gang sembra la meglio riuscita.


 

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